Approccio burocratico versus approccio imprenditoriale: il caso dei Living Lab della rete ENOLL

Sistemi locali, ecosistemi e sistemi basati sulla conoscenza

Approccio burocratico versus approccio imprenditoriale: il caso dei Living Lab della rete ENOLL

Mariacarmela Passarelli, Domenico Mazzotta, Alfio Cariola e Gaetano Cupido

Il presente lavoro è lo starting point di un progetto in-progress”, finalizzato ad offrire un contributo alla letteratura esistente sui Living Labs; allo stesso tempo si pone l’obiettivo di offrire spunti di riflessione ai policy maker e agli esperti di ricerca e innovazione che si trovano sempre più coinvolti ad operare scelte strategiche, impiegando ingenti fondi pubblici.

Il lavoro si inquadra all’interno del contesto della quadrupla elica, caratterizzato da processi di innovazione aperta; rispetto alla tripla elica include anche i cittadini, concepiti quali utenti, a rappresentare la società civile.

I quattro soggetti coinvolti, cioè le amministrazioni pubbliche, gli enti di ricerca e università, imprese e gli utenti/cittadini, collaborano in modo attivo, in una rete di co-creation, per lo sviluppo di innovazioni di successo. È in tale contesto che sorgono i Living Labs (LL) (Veeckman et al.,2013; Carayannis et al., 2018; Hossain et al, 2019).

Si sente parlare di Living Labs in Europa a partire dal 2006, quando la Commissione Europea, in occasione della Conferenza “Networked Business and Government: Something Real for the Lisbon Strategy”, tenuta ad Helsinki, promuove un modello di innovazione basato sulla co-creation. Tutti gli attori iniziano a progettare, creare e testare prodotti e servizi insieme in ambienti di vita reali, con gli utenti finali che giocano un ruolo fondamentale. Gli utenti vengono concepiti quali fonte di idee e viene loro affidato il compito di guidare il processo innovativo. Trattandosi di un approccio solo recentemente teorizzato e applicato, la letteratura necessita ancora di contributi sia teorici che empirici. La Commissione Europea invece, nel 2010, definisce i Living Labs come Public-Private-People Partnerships (PPPP), con lo scopo di generare ecosistemi aperti e basati sugli utenti, semplificando l’adozione di tecnologie innovative e servizi che vengono creati insieme agli utenti finali (http://www.programmainnetwork.it/).

La maggior parte degli studi presenti in letteratura cercano di individuare metodologie capaci di valutare le performance del Living Lab, con particolare attenzione al livello di coinvolgimento dell’utente (Mulder et al., 2008). Veeckman et al. (2013) considerano l’ecosistema innovativo come il fattore principale per il successo dei Living Labs. Il lavoro di Schuurman (2015) introduce invece un importante fattore, in quanto dimostra come il successo e l’innovazione di un Living Lab sia influenzato dalle caratteristiche del coordinatore del living lab.

Dunque, è necessario identificare le caratteristiche di “buon coordinatore” che sia capace di allineare gli attori all’interno del Living Lab (Schuurman et al., 2018) e allo stesso tempo, far crescere le performance del LL. Alcuni studi dimostrano che il coordinatore debba essere una figura super partes: un ricercatore, un rappresentante di una città, un funzionario del governo che gestisca il LL con un approccio di tipo imprenditoriale e non “burocratico”. L’approccio burocratico è incompatibile con l’iniziativa imprenditoriale in quanto favorisce comportamenti poco propensi a sfidare modi ormai consolidati di gestire le attività e inibisce la probabilità di identificare nuove opportunità. Partendo dal lavoro seminale di Whyte (1956) emerge che le organizzazioni caratterizzate da eccessiva burocrazia, generano lavoratori e manager caratterizzati da una mancanza di spirito imprenditoriale, se non addirittura totale ostilità nei confronti dell’attività imprenditoriale. Merton (1940) ha suggerito che le burocrazie – con i loro ruoli rigidamente definiti, con le gerarchie consolidate e l’enfasi su regole e routine – “lead to an over-concern with strict adherence to regulations which induces timidity, conservatism, and technicism.”. Anche Schumpeter evidenzia che “rationalized and specialized office work will eventually blot out personality, the calcuable result, the ‘vision’” (Schumpeter, 1950: pag 133) and that “the bureaucratic method of transacting business and the moral atmosphere it spreads … exert a depressing influence on the most active minds” (Schumpeter, 1950: pag 207).

Dunque, l’ambizione del presente lavoro è verificare se i coordinatori dei LL sono maggiormente inclini ad un approccio burocratico, piuttosto che ad un approccio imprenditoriale. Nello specifico, il lavoro cerca di esplorare se i fattori personali degli imprenditori, che generano performance positive nelle imprese, possano essere ricercati anche nei coordinatori dei Living lab. Dunque, in un modello basato sulla quintupla elica (università, governo, imprese, società civile, ambiente) si cercherà di esplorare qual è il ruolo del coordinatore del LL, come tale ruolo incide sulle performance e quali sono i fattori personali che “guidano” le attività di coordinamento e gestione.

Dunque, dopo aver ampiamente analizzato la letteratura sui LL, è stata sviluppata una analisi dei fattori per il successo imprenditoriale, tra cui: i tratti personali, l’educational background, le esperienze di vita, il background familiare. Si è partiti da questi items per verificare, mediante una comparazione dei dati, quanto le due figure differissero tra di loro, attenzionando sia i fattori endogeni che esogeni. Gozukara e Colakoglu (2015) prendono in considerazione i fattori individuali e le caratteristiche degli imprenditori, analizzando il locus of control, ovvero il bisogno di raggiungere gli obiettivi prefissati e il livello di “self confidence”, ovvero all’autostima delle proprie capacità e quindi dell’abilità di riuscire a svolgere con successo le proprie mansioni. Goldberg (1972) identifica i 5 tratti della personalità che possono impattare sull’imprenditorialità. Innanzitutto, l’amicalità che riguarda la sfera interpersonale di un individuo comprensivo, gentile e cortese. Alti livelli di questo tratto corrispondono a una persona particolarmente cooperativa e propensa a instaurare relazioni interpersonali; bassi livelli possono corrispondere a una figura sospettosa, spietata ed egocentrica. Diverse ricerche confermano, invece come le persone più estroverse abbiano maggiori probabilità di identificare e sfruttare opportunità e essere imprenditori di successo. Infatti, capacità di team building e relazionali sono elementi chiave quando si gestisce un business. L’imprenditorialità non è in genere una storia di inventori solitari. Servono capitale fisico e capitale sociale, risorse tangibili e intangibili, tecnologia e relazioni. Il nevroticismo è un altro tratto di personalità che viene preso in considerazione: esso è caratterizzato dalla tendenza a reagire agli eventi con emozioni negative. Se è basso, rappresenta la stabilità emotiva e la diversa propensione ad adattarsi. Bassi livelli di nevrosi corrispondono, dunque, a sensazioni di rilassamento e “self-confidence”. La coscienziosità che identifica il livello di organizzazione, precisione, attenzione ed efficienza. Alcuni ricercatori hanno inteso questo tratto come misura dell’abilità a lavorare duramente (Barrick & Mount, 1991), altri invece come una dimensione composta da due aspetti, quali, la motivazione nel perseguire un obiettivo ben definito. McClelland (1961) suggerisce che la motivazione dell’imprenditore, corrisponde alla volontà di dimostrare che il raggiungimento degli obiettivi è una risultante dello sforzo profuso nell’attività, piuttosto che dell’intervento di altri fattori. Inoltre, l’affidabilità che riguarda la sfera dell’accuratezza ed efficienza dell’individuo nell’assolvere le proprie responsabilità. Nel caso degli imprenditori, le decisioni ricadono principalmente nelle loro mani, rendendo il ruolo dell’affidabilità predominante. Zhao e Seibert (2006) identifica l’apertura a nuove esperienze. Secondo gli autori tale tratto combina diversi aspetti della personalità come l’immaginazione, la creatività e l’indipendenza da giudizi altrui. Tale affermazione è supportata da un’analisi condotta su imprenditori e manager, la quale ha individuato nei primi livelli più alti di apertura. La propensione al rischio è un altro elemento importante da tenere in considerazione. Prince-Gibson e Schwartz (1998) i quali definiscono come la struttura dei valori, unitamente alle priorità, influenzano gli obiettivi fissati e le opportunità colte dall’imprenditore. La struttura dei valori dell’imprenditore può influenzare la creazione di un business che rispetti criteri etici, come ad esempio la sostenibilità. Con riferimento ai fattori che riguardano la tipologia di formazione e il background professionale, la letteratura suggerisce che l’istruzione consente di imparare da una parte a cogliere nuove opportunità di business (Lindquist et al., 2015), dall’altra a sviluppare le competenze necessarie allo svolgimento dell’attività imprenditoriale. Ne consegue che gli individui con una maggiore istruzione hanno più probabilità di intraprendere questo tipo di attività. L’istruzione in ambito imprenditoriale consente lo sviluppo di conoscenze, competenze, atteggiamenti e intenzioni necessarie a formare la figura di imprenditore (Farrukh et al., 2017). Anche le esperienze industriali pregresse hanno un impatto positivo e significativo con l’atteggiamento imprenditoriale. L’intenzione imprenditoriale viene stimolata anche dal contesto familiare, che favorisce il terreno fertile alla creazione di un nuovo business (Pant, 2015). Alcuni studi, infatti, hanno dimostrato come una famiglia di imprenditori, condizioni lo sviluppo di competenze nei bambini, stimolandone il duro lavoro e il bisogno di indipendenza (Chlosta et al, 2012). L’intenzione di diventare imprenditori è quindi condizionata dai modelli di business seguiti dai genitori: i figli crescono con la volontà di costruire un business, perché i propri genitori hanno suggerito l’imprenditorialità come futura occupazione (Pant, 2015); altri studi invece suggeriscono una relazione tra la carriera intrapresa da un membro della famiglia e l’intenzione di un altro componente a perseguire lo stesso percorso. Alcuni lavori, ad esempio, si sono concentrati anche sulla relazione tra l’intenzione imprenditoriale e le esperienze legate ai percorsi di fede e allo sport (Ratten e Miragaia, 2020). In letteratura si riscontra ad esempio, che gli atleti Low-Level, hanno un livello di energy e agreeableness più alto dei non-atleti, mentre gli atleti High-Level hanno un più alto livello di energy, agreeableness, emotional stability e conscientiousness rispetto ai non atleti e come a loro volta gli atleti High-Level abbiano un più alto livello di agreeableness, emotional stability e conscientiousness rispetto a chi è Low-level (Steca et al, 2018).

Dopo aver identificato i fattori più rilevanti in letteratura, l’obiettivo è stato quello di sviluppare un’analisi esplorativa, finalizzata a comprendere se la letteratura sui fattori imprenditoriali può essere applicata anche alla figura del coordinatore dei Living Lab. Si tratta appunto di esplorare se la propensione dei coordinatori è di tipo sinergico e proattivo oppure si basa su un approccio puramente formale e burocratico (Sørensen, 2007).

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