ENTREPRENEURSHIP (Prof. Parente)

Il bias della hubris nei processi di uscita imprenditoriale: verso la formulazione di un framework teorico-interpretativo

NADIA DI PAOLA - PASQUALE MASSIMO PICONE - GIOVANNI BATTISTA DAGNINO

Obiettivi. Gli studi sull’imprenditorialità si sono estesamente focalizzati sul processo di creazione di nuove imprese, indagando aspetti che riguardano le motivazioni e le caratteristiche individuali degli imprenditori, i programmi di promozione di nuova imprenditorialità e le condizioni di contesto che la favoriscono (Di Paola, 2020; Douglas et al., 2020;  Murnieks, 2020; Stayton e Mangematin, 2018; Razmdoost et al., 2020). Al contrario, tradizionalmente, la letteratura in parola ha considerato l’uscita imprenditoriale (in lingua inglese, entrepreneurial exit) come una specie di “ultimo atto”, quasi come una manifestazione del fallimento imprenditoriale (Jenkins e McKelvie, 2016). Di conseguenza, non sorprende che gli studiosi di imprenditorialità, abbiano per molti anni trascurato lo studio delle condizioni sottese all’uscita imprenditoriale (Huvaj, 2020).

All’inizio dello scorso decennio, De Tienne (2010) ha offerto una definizione di entrepreneurial exit valida per avanzare il dibattito. La studiosa suppone che l’uscita imprenditoriale sia il processo tramite il quale i fondatori lasciano l’impresa che hanno contribuito a creare, non partecipando più alla sua proprietà e ai suoi processi decisionali (De Tienne, 2010). Questa definizione ha il pregio rappresentare l’uscita imprenditoriale come un momento del processo imprenditoriale (DeTienne, 2010), e pone la necessità di superare la tradizionale dicotomia che vede contrapporsi la sopravvivenza dell’impresa e il fallimento della stessa, per sposare invece una visione più olistica, che prende in considerazione diverse opzioni, quali IPO (Initial Public Offering), successione familiare, vendita, e liquidazione (Wennberg e DeTienne, 2014).

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