L'imprenditore e le frontiere della complessità

Camminando nelle aree industrializzate del Nord del nostro Paese si incontrano con sempre maggior frequenza fabbriche chiuse con strutture in vendita, abbandonate o fatiscenti. Fabbriche che un tempo pulsavano di sogni, di entusiasmi, di tensioni, di paure, di speranze, di gioie, di progetti, di disperazione, di vita. Fabbriche che sembravano vivere e respirare attraverso i loro processi con coloro che le abitavano, fabbriche il cui cuore non batte pi si fermato.

Se tante fabbriche hanno chiuso e tante arrancano allinterno di un processo di crescita ormai fermo da tempo, non mancano peraltro i casi di strutture in forte crescita trascinate da una vitalitdirompente. Non semplice capire le cause di questa diffusa situazione di difficolt anche se risulta arduo sottrarsi al tentativo. Proviamo quindi a raccogliere qualche riflessione in merito a questo fenomeno. Innanzitutto va detto che la fabbrica, quella sin qui nominata, non limpresa.

La fabbrica lo stabilimento, il luogo in cui si realizza la produzione. La fabbrica potrebbe chiudere, ma limpresa potrebbe rivelare una decisa vitalit La chiusura potrebbe, infatti, essere il frutto di un calcolata riorganizzazione che sposta le produzioni in aree a maggior convenienza economica, attraverso modalitpio meno associate ad un senso di bene comune nelle relazioni con le persone che vivevano i processi produttivi. In questo caso saremmo in un contesto di fisiologia della crisi.

Crisi che risulta connessa ad un cambiamento nei modi di proporsi dell impresa, in una condotta che a volte privilegia la logica economica di breve periodo, trascurando il valore che la conoscenza produttiva cumulata e le relazioni sociali possiedono in una prospettiva di lungo periodo.

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